La Battaglia del Grandiacque

Prima Parte

 

Ixidur stava pattugliando, come di consueto, le rigogliose sponde del Grandiacque, il più vasto fiume esistente nelle lande conosciute della Terra Eterea.

Montava la sua aquila delle Montagne Oscure, Rodian e dall’alto scrutava, con la sua vista acuta, il paesaggio sottostante, attento a non farsi sfuggire alcun minimo cambiamento che poteva indicare un pericolo per il Regno di Landril e tutta la sua popolazione.

Il sole si stava preparando a spegnersi e gli ultimi raggi dorati facevano brillare il nero piumaggio di Rodian che cavalcava il cielo spiegando le immense e potenti ali per sfruttare al meglio le correnti ascensionali.

Il vento faceva ondeggiare i capelli del soldato, mentre il suo spirito ne assimilava ogni vibrazione per captare nuove presenze.

Tra le mani teneva le redini che gli sarebbero servite per guidare Rodian, ma i due esseri erano legati l’uno all’altro da così tanto tempo che ad Ixidur bastava il sussurro di una parola, magari accompagnata da una carezza sul capo, per farsi comprendere dall’imponente rapace.

Da ben cento anni i due compagni erano inseparabili ed, ormai, i ricordi delle avventure a cui avevano partecipato non si contavano.

Erano cresciuti insieme, perché era usanza tra il suo popolo, affidare ad ogni bambino una grande aquila delle Montagne Oscure che avrebbe avuto il compito di proteggere il suo padrone per tutta la vita e insieme avevano combattuto molte battaglie, riuscendo sempre a sopravvivere ai numerosi e pericolosi scontri a cui avevano partecipato.

Essendo un elfo di montagna, Ixidur godeva delle particolari capacità di questa misteriosa razza e nonostante avesse moltissimi anni, l’aspetto era ancora quello di un ragazzo.

Aveva lunghi capelli argentei e lisci, il fisico longilineo, il volto, lievemente allungato e la pelle liscia e grigiastra gli conferiva un aspetto un po’ inquietante.

Pur avendo un corpo esile, lo sguardo,  le movenze, gli atteggiamenti e le numerose cicatrici, tra cui una molto evidente sulla guancia destra, facevano trasparire una forza occulta, la sua esperienza in battaglia e le sue capacità nell’arte della guerra.

Uno dei ricordi più vivi, che ancora lo tormentava, era la battaglia di Entor.

Erano trascorsi, ormai, trentacinque anni da allora, ma ogni volta che pensava a quell’evento, veniva trafitto da un dolore intenso, come se quel taglio si riaprisse fino a spezzargli il cuore.

Sì..... fu in quella occasione che si procurò la profonda ferita e quella fu anche l’unica volta in cui i due inseparabili amici videro in faccia la morte.


continua....